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Fideiussioni bancarie omnibus: la tutela del consumatore secondo le Sezioni Unite

08-02-2022 18:22

avv. Aurora Vizzarri

Rubrica giuridica, fideiussione omnibus, ABI, Banca d'italia, nullità parziale, clausole anticoncorrenziali,

Fideiussioni bancarie omnibus: la tutela del consumatore secondo le Sezioni Unite

La tematica inerente la potenziale illegittimità degli schemi dei contratti di fideiussione predisposti dall'ABI e generalmente impiegati dagli istituti di

 

 

 

Fideiussioni bancarie omnibus e nullità:

la tutela del consumatore secondo le Sezioni Unite

 

 

 

 

 

La tematica inerente la potenziale illegittimità degli schemi dei contratti di fideiussione predisposti dall'ABI e generalmente impiegati dagli istituti di credito nei rapporti con la clientela è tornata in auge nel panorama bancario a seguito della sentenza n. 41994 del 30/12/2021, con cui le Sezioni Unite della Cassazione hanno risolto definitivamente ogni dubbio interpretativo sulla validità o meno delle garanzie bancarie riproduttive delle clausole anticoncorrenziali contenute nel modello di fideiussione ABI.

Tale vicenda non è di rilevanza per i soli operatori finanziari, ma anche (e soprattutto) per i consumatori che abbiano sottoscritto o intendano sottoscrivere una fideiussione bancaria omnibus, giacché la sentenza sopra citata ha chiarito il regime di nullità delle clausole anticoncorrenziali contenute negli schemi negoziali dei contratti di fideiussione utilizzati dalle banche e le azioni esperibili dal contraente leso.

È indispensabile quindi chiarire cosa si intende per fideiussione bancaria omnibus.

Si tratta di un contratto di garanzia tipico della prassi bancaria, attraverso il quale il fideiussore garantisce, con i propri beni presenti e futuri, tutte le obbligazioni che un altro soggetto (debitore) ha assunto e assumerà nei confronti di un terzo (banca).

 

Ciò premesso, prima di analizzare la soluzione individuata dalla sentenza sopra citata, pare utile per i lettori riassumere l'iter che ha portato all'intervento delle Sezioni Unite.

La questione trae origine dal Provvedimento n. 55 del 2/05/2005 emesso dalla Banca d’Italia, all’epoca Autorità Garante della Concorrenza tra gli Istituti di Credito, su parere conforme dell'AGCM.

Secondo l'Autorità, alcune clausole dello schema contrattuale definito dall’Associazione bancaria italiana c.d. ABI (in particolare, gli artt. 2, 6, 7, 8 e 13) presentavano dei profili di criticità dal punto di vista della concorrenza, poiché riproducevano, fra le varie opzioni a disposizione delle parti, la soluzione più sfavorevole al fideiussore, addossando a quest'ultimo le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dalla inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa.

Si comprende dunque come la generalizzata applicazione di contratti di fideiussione standardizzati secondo il modello ABI da parte delle banche abbia di fatto precluso l'autonomia contrattuale e la libertà di scelta del cliente, che si è visto imporre un modello contrattuale che non gli consente alternative e che, per giunta uniforma la disciplina delle fideiussioni omnibus nei termini più vantaggiosi per il sistema creditizio, con conseguente limitazione della concorrenza, trattandosi appunto di un modello elaborato da un'associazione di categoria quale l'ABI e, come tale, rappresentativa solo di una parte degli operatori presenti sul mercato ovvero degli istituti di credito.

 

Nonostante tale provvedimento, nella prassi bancaria non è venuta meno la consuetudine delle banche di far sottoscrivere ai propri clienti formulari contenenti come condizioni generali le clausole dello schema di categoria ABI, dichiarate in contrasto con l'art. 2 della Legge n. 287/1990 dalla Banca d’Italia, determinando così la nascita di un considerevole contenzioso tra le parti.  

Sul punto, la Corte di Cassazione si è pronunciata a più riprese, senza tuttavia fornire un'interpretazione univoca su quali fossero le sorti delle fideiussioni bancarie conformi al modello ABI, motivo per cui della medesima questione sono state poi investite le Sezioni Unite.

 

Secondo un primo orientamento della Cassazione, la nullità di cui all'art. 2 della legge n. 287 del 1990 (legge Antitrust) colpisce solo l'intesa restrittiva della libertà di concorrenza, ma non si trasmette ai contratti stipulati a valle di tale intesa, che sono e restano validi ed efficaci.

Ciò perché la richiamata disposizione non condanna in maniera diretta il contenuto degli atti negoziali, ma un comportamento che si pone a monte di questi, di talché, in applicazione del principio di non interferenza tra regole di comportamento e regole di validità degli atti, il consumatore/cliente è investito della sola tutela risarcitoria, che può azionare nei confronti dell'istituto di credito dimostrando di aver subito un danno ingiusto in seguito all'applicazione delle clausole anticoncorrenziali proprie del formulario ABI.

Secondo altro filone interpretativo, a mente dell’art. 2 della legge 287/1990, secondo cui sono nulle ad ogni effetto le intese che impediscono, restringono o falsano il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, la violazione della normativa Antitrust comporterebbe la nullità del negozio originario (modello contrattuale ABI) e, a cascata, la nullità dei negozi ad esso collegati e, quindi, della fideiussione bancaria omnibus sottoscritta dal cliente perché riproduttiva di un’intesa anticoncorrenziale, con conseguente possibilità per quest'ultimo di esperire l'azione di nullità.

Questo secondo orientamento si è scisso poi in altre due correnti interpretative, l'una a favore della dichiarazione di nullità assoluta del contratto di fideiussione poiché contenente clausole contrarie a norme imperative che perseguono una finalità anticoncorrenziale, l'altra invece a favore della nullità parziale, che comporterebbe la sola caducazione delle clausole viziate, ma nn già dell'intero contratto.

 

La Sezioni Unite hanno concluso per la nullità parziale dei contratti di fideiussione che riproducono lo schema ABI, riconoscendo alcuni importanti principi di diritto che si possono riassumere come segue:

- l'esercizio della libertà dell'iniziativa economica privata, sancita dall'art. 41, primo comma, Cost., non può tradursi in un contratto in contrasto con l’utilità sociale;

- la Legge n. 287/1990 (c.d. legge antitrust) persegue un bilanciamento tra l’espressione della libertà del gioco concorrenziale e la tutela delle situazioni giuridiche di soggetti diversi dagli imprenditori;

- il provvedimento della Banca d'Italia di accertamento dell'infrazione n. 55/2005, al pari di quelli emessi dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato, costituisce prova privilegiata della condotta anticoncorrenziale che si riverbera sul negozio fideiussorio a valle, indipendentemente dalle misure sanzionatorie in esso pronunciate, ed è pienamente utilizzabile dal singolo consumatore, che altrimenti si troverebbe nell’impossibilità di fornire la prova tanto dell’intesa anticoncorrenziale quanto del conseguente danno patito e del relativo nesso di causalità;

 - la nullità parziale è la soluzione più idonea ad assicurare un bilanciamento degli interessi delle parti coinvolte nella vicenda, segnatamente quello dell'istituto di credito a mantenere in vita la garanzia fideiussoria, espunte le clausole contrattuali illecite, e quello del consumatore a non subire gli effetti della condotta anticoncorrenziale posta in essere dalla banca.

In definitiva, seguendo tali principi di diritto, possiamo concludere che le fideiussioni conformi allo schema ABI restano valide ed efficaci e che le clausole riproduttive di quelle ritenute anticoncorrenziali da Banca d’Italia sono nulle e vanno espunte dal testo del contratto, precisando altresì che la nullità è rilevabile d’ufficio e che l'azione di nullità è imprescrittibile.

 Avv. Aurora Vizzarri

 

 

 

 

 

 

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